Un velo nero copre l’Argentina

Il populismo ha vinto. La rabbia popolare guidata contro la “casta” ha scardinato ogni possibile equilibrio ed ha fatto assurgere il guastatore Milei. Al ballottaggio si è aggiudicato per il rotto della cuffia la presidenza argentina.

Si era presentato in campagna elettorale con una motosega in mano ed ha annunciato la demolizione della struttura pubblica attraverso la privatizzazione del commercio ma anche della sanità e degli apparati statali.

Sarà una festa delle liberalizzazioni ma la morte della libertà e della democrazia ed intanto Donald Trump esulta e si complimenta.

Milei, 53 anni, rappresentante dell’ultradestra, ha giocato bene le sue carte ed ha ottenuto i voti che gli servivano per vincere, negli ultimi giorni ha abbassato i toni ed evitato di parlare di privatizzazioni devastanti come quella prevista nel comparto della sanità e dell’istruzione pubblica. Ha poi allungato il termine (ora progetto quinquennale) per l’abbandono del peso argentino e per la demolizione (aveva minacciato di dar fuoco) al Banco Central e per l’adozione del dollaro Usa come moneta nazionale.

Per quanto sconcertante, la vittoria di Javier Milei, è stata letta come una manovra dell’ex presidente Macri, infatti nonostante l’eliminazione del suo partito dal ballottaggio con la sconfitta della sua candidata Bullrich, Macri sarebbe praticamente al potere grazie all’appoggio prestato al ballottaggio nei confronti di Milei.

E così, anche se tutto sembra cambiare, in pratica nulla cambierà e, nonostante la motosega, grazie, o meglio, per colpa del prestito suicida avuto dal Fondo Monetario Internazionale, non ci saranno tagli che permetteranno all’economia del Paese di rialzarsi ed un default sembra sempre più dietro l’angolo.

La dollarizzazione, tanto agognata e prospettata da Milei non sembra alla portata della Banco Central nel quale non ci sono oramai più fondi sufficienti e comunque, anche se dovesse riuscire, non risolverebbe certamente l’estrema crisi sociale argentina, come dimostrato in altre dollarizzazioni avvenute nel secolo scorso in centro America.

C’è poi da considerare che Milei ha voluto alla vice-presidenza una donna, l’avvocata quarantottenne Victoria Villaruel, una scelta che se analizzata a fondo appare esplosiva. Infatti la Villaruel non ha un bacino di voti propri ma è stata eletta grazie all’appoggio di Macri quindi certamente un rafforzamento con le forze di armate che a loro volta necessitano di un referente visto che avrebbero rischiato di dover rispondere dei crimini del periodo della dittatura di Videla e Massera. Questi otterranno certamente una riabilitazione ed una amnistia anche perché hanno già iniziato a far sentire le loro richieste che nascondono vere e proprie minacce.

Insomma una marea nera che tenta di coprire la cosiddetta “marea rosa” del 2015 quando si insediarono governi socialisti o progressisti in San Salvador, Venezuela, Messico, Ecuador, Bolivia, Brasile, Perù, Uruguay e Argentina, oltre a Cuba.

Purtroppo quella situazione sembra essere, oggi, profondamente modificata, Milei rappresenta la stessa ultradestra populista che conosciamo oggi in Europa a partire dalla spagnola Vox (ma anche dai partiti di Meloni ed Orban). Simile ai partiti della ultradestra attualmente presenti in Perù, Cile, Colombia.

Ovviamente appare sempre più isolato il presidente brasiliano Lula e le sue recenti decisioni di cambiamenti nella sfera governativa per cercare di ottenere l’appoggio del cosiddetto Centrão alla riforma tributaria. Ma nulla in confronto all’eterno isolamento sempre più marcato ed asfissiante del governo socialista cubano al quale Biden sta inasprendo sempre di più le sanzioni economiche che stanno sfinendo la già martoriata economia cubana.

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